AJNA, Matteo Manzitti
Matteo Manzitti
Testi di Amos Oz e Gialâl ad-Dîn Rûmî
AJNA – Uno sguardo non violento
Deep1
Deep2
N.E.X.T. Ensemble
Adrian Pinzaru e Eilis Cranitch, violino
Mizuho Ueyama, viola
Claudio Pasceri, violoncello
Elisabetta Mazzullo, voce recitante registrata
Matteo Manzitti e Gabriele Pallanca, Elettronica
Gabriele Pallanca, Sound designer
Riccardo Magnani, Progetto Grafico
Ajna in sanscrito significa terzo occhio, quel punto d’osservazione interiore raggiungibile solo attraverso una pratica continua che ci consente di fare un salto nel nostro sguardo sulle cose. AJNA – Uno sguardo non violento è anche un progetto musicale che vuole riflettere sulle basi, sulle origini della violenza e della prevaricazione, in un certo senso sostenendo che l’uscita dalla violenza (che nel nostro tempo ha spesso il volto del fanatismo e del fondamentalismo religioso) possa essere solo un’uscita verso l’alto, una sorta di guarigione spirituale. Un quartetto d’archi, talvolta accompagnato da ombre elettroniche composte da suoi stessi gesti trasfigurati o semplici sfondi, si alterna ad una voce. Questa voce legge stralci dal profondo e al contempo leggero saggio di Amos Oz Contro il fanatismo, e accompagnando questa voce che procede nel disaminare il funzionamento di una mente rigida, non in ascolto, esso stesso negli elementi musicali subisce un ‘indurimento’ progressivo. La musica diventa sempre più asciutta e fredda, fino all’improvvisa esplosione di un calore recondito, che apre le porte di una trasformazione finale.
La scrittura quartettistica ha nei suoi stilemi molte tecniche estensive proprie della musica contemporanea, una vasta gamma di colpi d’arco, soffi, strappi e un generale rapporto con l’universo inarmonico degli strumenti, senza rinunciare però né alla figurazione melodica, né ha pattern ritmici ascrivibili ad altri mondi musicali.
Vi è inoltre nel procedimento compositivo un continuo rapportarsi all’universo delle altezze, come parametro fondante del discorso musicale.
Ajna è diviso in cinque movimenti. Ogni movimento tranne l’ultimo, oltre ad un titolo, ha una piccola ‘legenda emozionale’, dove si descrive la sua funzione drammaturgico-musicale.